In questi tempi di quarantena ‘tecnologica’, mi sono chiesta se avesse senso e significato condividere con delle semplici riflessioni scritte qualcosa che provasse a descrivere ciò che la gente compresa me,stesse provando,pensando e affrontando in questo periodo.
Mi sono chiesta se il mio pensiero potesse essere utile in questa marea di informazioni senza risultare ridondante e quindi superfluo oppure potesse rappresentare una integrazione in termini di conoscenza degli eventi,proposta da chi da anni è responsabile del benessere di molte persone e ricopre un ruolo specifico nella comunità.
Mi sono chiesta se potesse essere utile ‘fare il punto’ in un momento storico in cui fare il punto in modo più o meno consapevole, è un passaggio che a mio avviso, interessa ed interesserà tutti.
Fare la psicologa ed anche la psicoterapeuta come nel mio caso, è al di là di qualsiasi posizione retorica, un privilegio e rappresenta l’opportunità di vivere un’esperienza di crescita costante che si intreccia con le esperienze di crescita di chi decide di fidarsi di te e di affidarti i pensieri e le emozioni più profonde e significative della propria vita.
Questo lavoro prevede la responsabilità continua di dovere e sapere contestualizzare ciò che accade nella vita delle persone, comprendendo la tua di vita e tenendo presente ogni volta, in qualità di osservatore privilegiato, che stai facendo delle riflessioni e delle sintesi soggettive sulle diverse realtà-variabili che osservi ed il come le osservi cambierà decisamente come le andrai ad interpretare, definire ed affrontare nel percorso terapeutico.
Come le osservi è legato alle esperienze della tua vita, ai ruoli che ricopri o hai ricoperto nelle diverse situazioni lavorative e personali che hai vissuto, ai modelli teorici di riferimento che hai scelto e preferito nel tuo percorso formativo, professionale e naturalmente a tanto altro che appartiene alla tua identità di essere umano.
Per quanto mi riguarda l’ottica con la quale osservo la realtà è quella che ritiene che la società o sistema vivente sia costituita da un insieme di elementi, parti e componenti che si influenzano reciprocamente, che ogni individuo può influenzare con il suo comportamento i comportamenti degli altri individui e da questi essere a sua volta influenzato. Che ad ogni individuo ed elemento del sistema, è richiesto un continuo adattamento per far fronte alle costanti richieste che l’ambiente e la vita pongono.
E soprattutto che ogni individuo costruisce una sua interpretazione di quello che osserva e a tal fine elabora una molteplicità di “mappe mentali” delle diverse realtà osservate.
Mappe mentali che sono costruite e catalogate in base a dei singolari, unici e soggettivi modi di percepire quello che accade, modi ‘personali’ che organizzano ed interpretano le informazioni attivando continui processi di cambiamento.
Questi processi di cambiamento hanno contribuito a costruire una identità interna dotata di coerenza e di significato per ogni individuo impegnato nel percorso di conoscenza del mondo e di sé stesso.
Ogni esistenza si caratterizza per una diversità e molteplicità di esperienze che rendono necessaria la continua rivisitazione nonché rilettura delle proprie mappe mentali di cui sopra.
Sappiamo quanto la vita possa essere mutevole e provocatoria chiamandoti a dei repentini cambi di rotta quando sembra che tutto vada quasi per il meglio, la navigazione è ben orientata e la brezza leggera accompagna le tue giornate che scorrono piacevoli e confortevoli.
Cambi di rotta che prescrivono dei cambiamenti che mai si sarebbero immaginati e/o voluti come ad esempio la perdita di un buon lavoro, la diagnosi di una malattia seria e/o invalidante, un divorzio, la morte di un proprio familiare, un incidente grave, seri problemi economici e tanto altro che non ha bisogno di essere citato.
Cambi di rotta che hanno richiesto e obbligato, pena la sopravvivenza stessa, alla costruzione e definizione di ‘nuovi’ modi di reagire, agire e rispondere alla realtà osservata. Cambi di rotta che hanno prescritto la necessità di utilizzare tutte le risorse di cui si dispone per fronteggiare la perdita, il dolore, lo straniamento di un cambiamento troppo grande e a tratti innaturale.
Quelle identità interne, quelle mappe di sé stessi e della realtà circostante a quel punto cambiano di consistenza e di significato e vengono spesso stravolte necessitando di una riorganizzazione non proprio immediata e non di semplice realizzazione.
Quella ‘coerenza interna’ spesso costruita con fatica ed impegno, che definisce la tua identità di lavoratore, di madre, di sorella, di amico, di compagna o di tanto altro quante possono essere le relazioni che la tua vita ti ha permesso ed offerto, non regge più e non è più sufficiente e adeguata a definirti e a rappresentarti nei confronti di te stesso e della società di cui fai parte.
Sei obbligato a cambiare, sei obbligato a tener conto che la tua realtà non è più la stessa, che le tue sicurezze alle quali ti riferivi per poterti muovere con relativa sicurezza nel mondo non valgono più e che devi costruire nuovi punti di riferimento, devi ristrutturare una identità ‘ferita’, devi riparare una identità affaticata, in poche e crude parole devi elaborare un lutto.
(lutto…stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili)(U. Galimberti, 1999)
Elaborare un lutto significa impegnarsi in un processo di cambiamento che forse può essere considerato tra i più complessi nella vita di un essere umano. E’ un processo di cambiamento che obbliga a rimettere in discussione ogni certezza, coordinata e punto di appoggio che ti rendevano sicuro, forte e definito.
In questa gamma di perdite mi sono chiesta, insieme ad altri pregevoli colleghi, se l’esperienza del Coronavirus potesse rappresentare una sorta di lutto sociale, un trauma collettivo che sta obbligando il mondo intero a rallentare il suo passo e a confrontarsi con imprescindibili quesiti che un impatto globale di questa natura sta comportando. A confrontarsi con la necessità di ricostruire mappe della realtà in grado di integrare gli eventi al tempo del Coronavirus.
Ognuno di noi ha avuto e sta percependo le ‘sue’ di perdite.
Ognuno di noi sta elaborando la sua visione e interpretazione della realtà al tempo del Coronavirus.
Quello che sta avvenendo è che qualcuno o ‘qualcosa’ di estraneo a te stesso ti sta dicendo che ora non puoi fare tutto quello che prima ritenevi di poter fare, anche se tu lo volessi, ti sta dicendo che da adesso in poi la tua vita e quella dei tuoi cari, dei tuoi amici, dei tuoi vicini di casa insomma della tua società e del mondo a cui appartieni non sarà più lo stessa e che anche se non ne hai voglia non potrai non confrontarti con questo cambiamento epocale.
Ti sta dicendo che la salute deve essere un bene di tutti e per tutti, ti sta dicendo che il pianeta ha ripreso a respirare in modo decente perché è stato obbligato a rallentare la sua corsa che voracemente travolge beni preziosi per la vita di tutti.
Ti sta dicendo che la solidarietà e la cooperazione sono valori fondanti di una società civile ed etica e non dovrebbero essere valori ispiratori solo per le associazioni di volontariato; ti sta dicendo che lo sfruttamento di alcuni per il bene di pochi non porterà del buono a nessuno.
Ti sta dicendo che nessuno, anche il più ricco, può farcela da solo e che serve l’aiuto e l’intelligenza di tutti per affrontare perturbazioni di questa portata.
Ti sta dicendo che forse può rendersi necessario operare una radicale rilettura di quello che finora ha orientato i nostri comportamenti e le nostre scelte.
Da qui la consapevolezza, come professionista del benessere individuale e collettivo, che per ognuno di noi nulla sarà più come prima e che a tutti gli ‘elementi’ del sistema mondo, in relazione alle diverse responsabilità, identità e ruoli, è richiesta la ‘ presa in carico ’ di un cambiamento che riguarda in termini ecosistemici la vita dell’intero pianeta.
E non vuole essere un enunciato catastrofista ma un’affermazione contestualizzata e fortemente realistica per tutto quello che abbiamo condiviso finora.
Ad ognuno di noi sarà richiesto di attivare riletture delle realtà osservate, che consentano una valida integrazione tra il ‘prima senza coronavirus’ e il ‘dopo con il coronavirus’, considerando queste due ‘fasi’ come eventi temporali che non possono essere ancora definiti e storicizzati in modo preciso, certo, uniforme e rassicurante, ma che probabilmente assumono caratteristiche , percezioni diverse e soggettive per ogni individuo.
Che assumono caratteristiche di cambiamenti concreti ad esempio sulla realtà lavorativa e sociale di tutti.
Non sarà possibile non riflettere sui propri modelli di vita e sulle proprie risorse personali ed economiche prima del Coronavirus tenendo presente che un dopo è ancora incerto.
Ed ecco che di nuovo ognuno potrà riallineare in relazione agli eventi accaduti e a quelli in divenire, le proprie mappe della realtà, impegnandosi in faticosi dal punto di vista emotivo, cognitivo e comportamentale, percorsi di consapevolezza.
Potrà ripercorrere i tracciati che l’hanno condotto a scegliere alcuni valori e non altri.
Potrà rimettere a fuoco la qualità delle relazioni nella sua vita e quanto di ancora irrisolto, può rappresentare un freno allo sviluppo delle sue potenzialità e dei suoi più profondi desideri.
Potrà integrare ciò che stava osservando in un processo terapeutico con ciò che sta accadendo nel qui ed ora, senza poter omettere eventuali fatiche attuali dovute al Coronavirus.
Operare una buona adesione al contesto prevede la possibilità di riflettere, ognuno con le proprie risorse, su come sarà possibile organizzare la propria quotidianità dopo aver toccato con mano categorie come incertezza, ambiguità e volatilità che sono proprie della complessità e che sembravano molto teoriche e lontane.
Prevede l’accettazione di ciò che non mi è permesso cambiare perché non è nella mia area di intervento e la messa a fuoco di tutto quello che posso cambiare perché direttamente riferibile al mio poter fare e al mio saper essere.
Non credo come sostengono in molti, che in tanti vorranno dimenticare e rimuovere ciò che sta accadendo e non cambieranno di una virgola la loro vita e comunque se anche fosse così vorrà dire che in tanti avranno dovuto ‘falsificare’ la realtà osservata costruendosi a costi emotivi molto consistenti, una visione accettabile e tollerabile.
A cosa si può attingere per trovare energia e speranza?
Al poter pensare che una tragedia collettiva come questa può mettere a nudo individualità positive e sostenute da valori etici, rispettosi del bene comune e della collettività.
Che questa esperienza ci ha mostrato quanti di noi si sono prodigati senza chiedere nulla in cambio, solo perché hanno ritenuto coerente poterlo e doverlo fare.
Che è necessario mantenere un certo grado di lucidità ed indipendenza mentale che consenta di non generalizzare cadendo in semplificazioni facili e poco funzionali alla comprensione degli eventi.
E che ora più che mai sembra plausibile pensare che “l’esperienza non è ciò che accade alle persone ma è ciò che fanno le persone con ciò che le accade“( A. Huxley).